Archivio mensile:febbraio 2017

Check list registro dei trattamenti privacy

L’art. 30 del Regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali riguarda una delle novità e, al contempo, uno degli adempimenti più importanti concernenti le attività di trattamento.

Per rendersene conto valga il par. 4 dell’art. 30, per il quale “su richiesta, il titolare del trattamento o il responsabile del trattamento e, ove applicabile, il rappresentante del titolare del trattamento o del responsabile del trattamento mettono il registro a disposizione dell’autorità di controllo.”

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E’ così costituito in capo al titolare un obbligo di documentazione della conformità della propria organizzazione alle prescrizioni della legge. Obbligo che grava anche sul responsabile, per i trattamenti che questi svolga per conto di un titolare.

L’autorità di controllo (Garante) è, d’altro canto, l’ente pubblico che ha titolo per richiedere la disponibilità del registro, al fine di esaminarlo.

L’obbligo di redazione e adozione del registro non è, tuttavia, generale. Il par. 5 dell’art. 30 specifica che esso non compete “alle imprese o organizzazioni con meno di 250 dipendenti, a meno che il trattamento che esse effettuano possa presentare un rischio per i diritti e le libertà dell’interessato, il trattamento non sia occasionale o includa il trattamento di categorie particolari di dati di cui all’articolo 9, paragrafo 1, o i dati personali relativi a condanne penali e a reati di cui all’articolo 10.”

Inoltre, a ben vedere, neppure deve necessariamente trattarsi di un mero obbligo. Per fare – come suol dirsi – di necessità virtù, la redazione del registro potrebbe essere ispirata alle seguenti ulteriori finalità:

  • rappresentare l’organizzazione sotto il profilo delle attività di trattamento a fini di informazione, consapevolezza e condivisione interna;
  • costituire lo strumento di pianificazione e controllo della politica della sicurezza di dati e banche di dati, tesa a garantire la loro integrità, riservatezza e disponibilità.Accedi alla Check list

Fonte: Altalex.com

Privacy Assistant, la app che aiuta gli utenti a proteggere la privacy online

Privacy Assistant è una nuova applicazione gratuita Android che promette di semplificare le impostazioni della privacy sullo smartphone e interrompere qualsiasi raccolta indesiderata di dati. L’applicazione, in lingua inglese, è stata sviluppata da un team della Carnegie Mellon University (CMU) ed è frutto di sei anni di ricerche sulla privacy digitale.

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“E’ evidente che la maggior parte delle persone non è disposta a dare i propri dati a qualsiasi applicazione”, ha dichiarato Norman Sadeh, docente della CMU. “Gli utenti vogliono essere più selettivi con i propri dati, e questa app li può aiutare”.

L’app Privacy Assistant è progettata per modificare automaticamente le impostazioni della privacy sul telefono, in base alle preferenze dell’utente su alcuni tipi di raccolta dei dati.

Quando l’applicazione si avvia la prima volta, pone da tre a cinque domande per valutare le preferenze sulla privacy. Per esempio, all’utente viene chiesto cosa ne pensa del fatto che i social media possono accedere alla fotocamera, che le applicazioni di gaming raccolgono i dati sulla localizzazione. Sulla base di queste risposte l’applicazione consiglia un particolare insieme di impostazioni sulla privacy, che l’utente è libero di accettare o meno.

In una ricerca  il team della Carnegie Mellon ha sottolineato che gli utenti sono spesso allarmati quando vengono a sapere che le loro app per smartphone raccolgono i loro dati privati. Tuttavia può essere difficile modificare le impostazioni della privacy o le autorizzazioni delle app sul proprio telefono.

“In media un utente Android ha tra le 50 e 100 applicazioni installate, e ognuna di esse può richiedere fino a tre autorizzazioni“, ha commentato Sadeh. “Facendo i conti si vede che il numero di permessi può essere enorme”.

Molte applicazioni, inoltre, raccolgono dati privati anche se in realtà non ne hanno bisogno. La Privacy Assistant è progettata per revocare tali autorizzazioni, senza causare eventuali malfunzionamenti dell’applicazione stessa.

Quando l’utente scarica nuovo software, la Privacy Assistant continua a lavorare in background, suggerendo quali autorizzazioni dovrebbero essere approvate e quali no.

L’app Privacy Assistant è interessante, ma c’è un vincolo: il software funziona solo su telefoni Android 5.x e 6.x su cui è stato effettuato il root – cosa che la maggior parte degli utenti Android non ha fatto.

Effettuare il root significa ottenere l’accesso al sistema operativo Android, “aprendolo” a una personalizzazione completa. L’operazione però può invalidare la garanzia del telefono o causare malfunzionamenti, se fatta in modo improprio.

Secondo le stime di Sadeh solo il 25 per cento di tutti gli smartphone Android in tutto il mondo siano stati sradicati e che molti di questi si trovi in Asia.

Sadeh e il suo team non consigliano agli utenti di eseguire il root sul loro telefono solo per utilizzare questa nuova applicazione. Tuttavia sono convinti che la loro Privacy Assistant attirerà l’attenzione di un “numero considerevole” di utenti preoccupati per la loro privacy online.

L’applicazione si inserisce in un progetto più ampio dei ricercatori per ottimizzare le impostazioni della privacy. La loro speranza è che Google, Apple e i produttori di dispositivi notino i vantaggi offerti dalla loro Privacy Assistant e, in futuro, scelgano di incorporare la tecnologia nei loro prodotti.

“Tra le società che finanziano il nostro lavoro sulla privacy online c’è Google”, ha spiegato Sadeh. “Agli utenti piacciano queste cose. Un produttore di smartphone potrebbe avere un vantaggio sulla concorrenza se mettesse questa tecnologia nei propri prodotti”.

Fonte: Computer World/Federprivacy

Data Protection Officer, linee guida dei garanti europei tradotte in italiano

Fonte: Federprivacy

Il Gruppo dei Garanti Ue (WP 29) ha approvato lo scorso 13 dicembre tre documenti con indicazioni e raccomandazioni su importanti novità del Regolamento 2016/679 sulla protezione dei dati, in vista della sua applicazione da parte degli Stati membri a partire dal maggio 2018. Le linee guida, (ora tradotte in italiano), alla cui elaborazione il Garante ha attivamente partecipato, riguardano il “responsabile per la protezione dei dati” (Data Protection Officer  – DPO), il diritto alla portabilità dei dati, l’“autorità capofila” che fungerà da “sportello unico” per i trattamenti transnazionali.

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Le linee guida sul DPO specificano i requisiti soggettivi e oggettivi di questa figura, la cui designazione sarà obbligatoria per tutti i soggetti pubblici e per alcuni soggetti privati sulla base di criteri che il Gruppo ha chiarito nel documento. Nel documento vengono illustrate (anche attraverso esempi concreti) le competenze professionali e le garanzie di indipendenza e inamovibilità di cui il DPO deve godere nello svolgimento delle proprie attività di indirizzo e controllo all’interno dell’organizzazione del titolare.