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Bike Sharing sotto inchiesta per violazione GDPR

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China’s Mobike è sotto inchiesta da parte dell Autorità dei dati in Germania per una sospetta violazione della legge europea GDPR.
Le distintive bici arancione di Mobike sono diventate uno spettacolo comune in 23 città europee, in tutto il mondo, sono più di 200 milioni di utenti registrati.
A Berlino, tuttavia, il gruppo si trova ora di fronte a una battuta d’arresto potenzialmente seria.

La preoccupazione nel caso di piattaforme per la condivisione di biciclette e auto è che raccolgono una quantità significativa di dati sui propri utenti tramite le app per dispositivi mobili necessarie per utilizzare i servizi.
Ciò include anche dati di posizione precisi quando il cliente non sta utilizzando la bicicletta o l’auto in questione.
Per aziende non europee come Mobike, il GDPR rappresenta una sfida aggiuntiva poiché impone restrizioni al trasferimento di dati al di fuori dell’UE.
Mobike, ad esempio, invia i propri dati utente in Cina, dove l’azienda ha la propria sede.

Steve Milton, responsabile della crescita di Mobike Europe, ha dichiarato: Prendiamo molto sul serio la protezione dei dati. Seguiamo gli standard del settore. Non penso ci sia nulla che Mobike non stia facendo in altre aziende.” Il GDPR è un regolamento estremamente sensibile e complesso.

Garante Privacy: no al social spam, per il marketing serve il consenso

No al social spam. Se un indirizzo email è presente su un social network non significa che possa essere utilizzato liberamente per qualsiasi scopo. Per inviare proposte commerciali, ad esempio, è sempre necessario il consenso dei destinatari. Per questi motivi il Garante per la privacy ha vietato a una società l’ulteriore trattamento di indirizzi email senza consenso per attività di marketing.

L’intervento del Garante ha preso l’avvio dalla segnalazione di una società di consulenza finanziaria che lamentava l’invio di numerose email promozionali indirizzate alle caselle di posta elettronica di alcuni suoi promotori senza che questi ne avessero autorizzato la ricezione.

Dagli accertamenti, svolti presso la società dall’Autorità in collaborazione con il  Nucleo Speciale Privacy della GdF, è emerso che la raccolta degli indirizzi di posta elettronica avveniva, oltre che con altre modalità, anche attraverso l’instaurazione di rapporti su Linkedin e Facebook o “pescando” contatti sui social.

La società solo negli ultimi due anni ha inviato circa 100.000 email pubblicitarie.

Il Garante, anche sulla base delle Linee guida del 4 luglio 2013  che hanno disciplinato peraltro proprio il fenomeno del ”social spam”, ha quindi ritenuto illecito il trattamento degli indirizzi di posta elettronica.

I dati reperiti sui social network e, più in generale, presenti on line, non possono essere utilizzati liberamente ha spiegato il Garante. Non ha infatti alcun fondamento normativo  la tesi sostenuta dalla società secondo la quale l’iscrizione a un social network implica un consenso all’utilizzo dei dati personali per l’attività di marketing. Tale finalità  non è compatibile con le funzioni dei social network che sono preordinate alla condivisione di informazioni e allo sviluppo di contatti  professionali, e non alla commercializzazione di prodotti e servizi. Opinione sostenuta anche dalle Autorità per la privacy europee, le quali hanno espressamente escluso che l’iscrizione a un servizio presente sul web  comporti la legittimità del trattamento dei dati personali da parte di altri partecipanti alla medesima piattaforma ai fini dell’invio di informazioni commerciali.

Oltre alla contestazione amministativa già effettuata  dal Nucleo Speciale per il trattamento senza il necessario consenso, l’Autorità si è riservata di contestare alla società anche la violazione  dell’obbligo di rilascio dell’informativa. Alla società è stato  prescritto infine di modificare il modello di richiesta di consenso presente sul sito, in modo che risulti chiara la finalità di marketing.

Fonte: Garante Privacy